Tutti sanno che bere alcol in gravidanza (anche in piccole quantità) può avere gravi effetti sul feto. Un uso elevato di alcol, infatti, può determinare la Sindrome feto-alcolica ed Effetti dell’alcol sul feto, con conseguenti disturbi neurologici (ritardo mentale, difficoltà di apprendimento etc) e difetti congeniti (malformazioni degli organi vitali e caratteristiche fisiche riconoscibili). Non bere alcol in gravidanza è l’unica forma di prevenzione.
La gravidanza è una fase molto delicata per la salute della donna e del bambino. Generalmente dura 40 settimane a partire dall’ultimo giorno dell’ultimo ciclo mestruale. Questo periodo può essere suddivido in tre trimestri, ognuno dei quali molto delicato e con possibili complicanze sia per la madre che per il bambino. È per questo che ogni periodo della gestazione deve essere attentamente monitorato.
Fino ai 2 anni di età, sia per l’inizio della dentizione che per un non ancora sviluppato controllo dei muscoli della deglutizione, bambini sbavano molto. Se, però, lo sbavamento diventa eccessivo e perdura dopo i 4 anni, è opportuno rivolgersi al medico poiché può essere sintomo di problemi neurologici (paralisi cerebrale, autismo e paralisi di Bell), di difficoltà nella deglutizione, o di reflusso gastrico o infezione. Opportune terapie farmacologiche possono aiutare a controllare questo fenomeno.
Ogni bambino, con le sue tempistiche, raggiunge nel tempo le tappe fondamentali dello sviluppo. Se, però, alcune pietre miliari non vengono raggiunte, è opportuno rivolgersi al medico per escludere la presenza di eventuali ritardi cognitivi o patologie congenite come l’autismo, la distrofia muscolare etc. Prima ci si accorge di eventuali ritardi nello sviluppo, prima si può intervenire migliorando le capacità del bambino.
La coagulazione del sangue è un meccanismo fisiologico che permette la chiusura di vasi sanguigni lesionati, evitando emorragie. In gravidanza, però, sia la tendenza a una maggiore coagulazione che la pressione esercitata dal bambino, possono portare alla formazione di coaguli non fisiologici, soprattutto nei vasi sanguigni della porzione inferiore del corpo della donna. I coaguli possono essere prevenuti ed eventualmente trattati con anticoagulanti. In caso contrario, possono causare gravi patologie come la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare.
Sempre più donne ricorrono a trattamenti per la fertilità (fecondazione assistita) per diventare madri. Studi recenti hanno dimostrato che, sebbene molto efficienti, queste terapie aumentano significativamente il rischio di lesioni alla nascita per il bambino, paralisi cerebrale inclusa. Questo anche perché i trattamenti per la fertilità, come la stimolazione ovarica e la fecondazione assistita, aumentano la probabilità di gravidanze multiple, condizione associata a un maggiore rischio di danni da parto. Studi recenti, inoltre, hanno osservato come le donne che si sottopongono a trattamenti per la fertilità abbiano un rischio maggiore (più del doppio) di subire un ictus fino a un anno dopo il parto rispetto alle donne che hanno concepito naturalmente.
La preeclampsia è una condizione materna diagnosticata nell’8% di tutte le gravidanze caratterizzata da ipertensione, presenza di proteine nelle urine, gonfiore ed eccessivo aumento di peso materno. Età materna avanzata, obesità, primiparità etc possono aumentare le probabilità di preeclampsia. Se trascurata e non correttamente diagnosticata e trattata, questa condizione può evolvere in eclampsia, con gravi conseguenze sulla madre e sul bambino, morte inclusa.
La placenta è un organo di fondamentale importanza per lo sviluppo del feto; permette infatti il passaggio di ossigeno e sostanze nutritive dalla madre al bambino. In caso di placenta previa, però, il malposizionamento di questo organo può determinare la copertura del canale del parto, rendendo complicata e rischiosa la nascita del bambino. Se gestita in modo improprio, tale condizione può causare gravi lesioni alla nascita.
La placenta è un organo essenziale per lo sviluppo e la crescita del feto; una eventuale insufficienza placentare, condizione nella quale il flusso di sangue, ossigeno e nutrienti dalla madre al feto è fortemente ridotto, può avere gravi conseguenze. Fattori di rischio per questa condizione sono una serie di patologie materne (come ipertensione, diabete, anemia e altro) e solo una diagnosi prenatale attenta (con l’ausilio di ecografie e analisi del sangue) può ridurre al minimo le conseguenze. Se la diagnosi avviene nelle ultime fasi della gravidanza è possibile eseguire un parto d’emergenza (previa somministrazione di steroidi per accelerare lo sviluppo fetale); se diagnosticata nelle prime settimane di gestazione, è necessario monitorare eventuali segni di preeclampsia e prescrivere riposo assoluto.
Nel caso in cui la placenta si stacchi dalla parete uterina prima del parto, si parla di “distacco della placenta”. Questa rara complicazione, più frequente in caso di età materna avanzata, gravidanze gemellari e ipertensione, può manifestarsi con emorragie vaginali più o meno intense e determinare restrizione della crescita fetale intrauterina. Nei casi più gravi può essere necessario intervenire con un parto cesareo d’urgenza.