Citomegalovirus e Paralisi Cerebrale Infantile

A causa delle sue conseguenze e complicazioni devastanti, è fondamentale che l'infezione da CMV sia correttamente diagnosticata e trattata

Il Citomegalovirus, appartenente alla famiglia degli herpes virus, è un’infezione relativamente frequente tra le donne in età riproduttiva. La storia naturale dell’infezione non è ancora del tutto chiara; la donna in gravidanza può contrarre l’infezione primaria (quando è acquisita per la prima volta) o secondaria (per riattivazione del virus latente o reinfezione da nuovo ceppo). La trasmissione verticale dalla madre al feto è un rischio possibile che presenta una frequenza del 30-40% nella forma primaria e del 0,5-2% in quella secondaria .

  • La diagnosi di infezione materna primaria da CMV in gravidanza dovrebbe essere basata sulla comparsa di IGG virus-specifiche nel siero di una donna in precedenza sieronegativa o sulla rilevazione di anticorpi IGM specifici associati con IGG a bassa avidità. In caso di infezione primaria materna, i genitori dovrebbero essere informati che il rischio di trasmissione e di infezione fetale intrauterina è elevato (30-40%) e –soprattutto – del rischio di sequele dopo la nascita (ritardo mentale, ritardo psicomotorio, disturbi dell’apprendimento, autismo, epilessia, paresi ) compreso tra il 20-25%.
  • Invece, la diagnosi materna di infezione secondaria dovrebbe essere basata su un aumento significativo del titolo anticorpale IGG, o o senza la presenza di IGM e IGG ad alta avidità. In quest’ultimo caso il rischio di infezione fetale è più basso, ma pur sempre presente.

Ad ogni modo, per lo studio del feto ci si può avvalere della diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi) indicata solamente in caso di infezione primaria, o dell’esame ecografico che consente – mediante valutazione di anomalie cerebrali o intestinali – di valutare il possibile coinvolgimento fetale e, soprattutto, di monitorare il feto nel tempo.

Linee guida e buone pratiche mediche

Lo screening di routine per CMV in gravidanza è, ad oggi, suggerito, ma non raccomandato : le “Linee guida sulla gravidanza fisiologica” del Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità e CeVEAS, 2010, rev. 2011 “non prevedono l’offerta dello screening sierologico per CMV a tutte le donne in gravidanza, ma solo a quelle in condizioni di rischio, cioè alle donne che sviluppano una malattia simil-influenzale durante la gravidanza, alle lavoratrici sieronegative che hanno in custodia dei bambini, alle donne in gravidanza che hanno un bambino in asilo nido o dopo il rilevamento dei segni ecografici indicativi di infezione da CMV”.

Tuttavia, essendo considerevole l’impatto di questa infezione sulla salute pubblica, la sierologia materna per CMV in gravidanza viene diffusamente e fortemente consigliata, con conseguenti ricadute diagnostico-assistenziali sui neonati: in caso di sospetta/accertata infezione da CMV in gravidanza (primaria o non primaria) e/o sospetto clinico neonatale, le Linee Guida consolidate affermano la necessità di procedere alle indagini neonatali per la diagnosi di infezione congenita da CMV che, se confermata, deve dar luogo a valutazioni clinico-laboratoristico- strumentali atte a definire il coinvolgimento di organi ed apparati e, ove indicata, iniziare la terapia sul neonato.

La terapia antivirale, che si avvale della somministrazione endovenosa di Ganciclovir (o la sua formulazione orale Valganciclovir), inibisce la replicazione virale attenuando fino ad inibire l’attività lesiva del virus. Se iniziata entro il I mese di vita, essa previene efficacemente il deterioramento della funzione psico-motoria ed uditiva, migliorando l’outcome neurologico a distanza dei neonati infetti.26,27,28,29.
Attualmente non vi sono dati certi circa l’efficacia del il trattamento iniziato dopo il mese di vita.
La tempestività e l’accuratezza della diagnosi sono dunque elementi indispensabili a garantire la precocità e l’efficacia della terapia, ed il limitare di danni al neonato come la meningoencefalite e la tetraparesi spastica.

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